venerdì 19 agosto 2022

Buone pratiche di resistenza. L'articolo 24 della Costituzione e l'ethos costituzionale di Meuccio Ruini





Dispositivo dell'art. 24 Costituzione

Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi [cfr art 113 Costituzione].La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento [86, 87 c.p.c.; 96 ss. c.p.p.].Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione [98 c.p.p.] La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari [571, 572, 573, 574, 643, 644, 645, 646, 647 c.p.p.]

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Relazione al Progetto della Costituzione

(Relazione del Presidente della Commissione per la Costituzione Meuccio Ruini * che accompagna il Progetto di Costituzione della Repubblica italiana, 1947)


24 L'enunciazione dei diritti civili è completata da principî, alcuni dei quali potevano sembrare indiscutibili; ma l'esperienza amara ammonisce di trincerarli nella costituzione: il diritto di agire e difendersi in giudizio, di non essere distolti dal giudice naturale o puniti con legge retroattiva. Vietate le pene crudeli e disumane, la prima costituzione repubblicana d'Italia sancisce il principio dell'abolizione della pena di morte, che in molti sensi può dirsi italiano, e che, ribadito nelle fasi e nei regimi di libertà del nostro paese, è stato rimosso nei periodi di reazione e di violenza.

*https://it.wikipedia.org/wiki/Meuccio_Ruini

L'opposizione al fascismo

Nettamente avverso al fascismo, Ruini avviò una coraggiosa campagna contro il regime dalle colonne del quotidiano Il Mondo. Nel novembre del 1924, pur non essendo parlamentare, si unì alle opposizioni durante la secessione dell'Aventino e aderì quindi all'Unione Nazionale di Giovanni Amendola. Nel 1927 fu estromesso dal Consiglio di Stato, costretto ad abbandonare tutte le attività politiche e privato dell'esercizio dell'avvocatura e dell'insegnamento[3], vivendo di una modesta pensione. Si dedicò allora principalmente agli studi storici.[2]


Nel 1942 fondò in clandestinità, con Ivanoe Bonomi, il partito della Democrazia del Lavoro di cui fu anche segretario. Alla caduta del fascismo fu tra i promotori del Comitato delle forze antifasciste e poi del C.L.N. in rappresentanza di Democrazia del Lavoro. Entrò a far parte della Consulta nazionale.[1]

Fu ministro senza portafoglio nel Governo Bonomi II (giugno-dicembre 1944) e ministro dei lavori pubblici nel Governo Bonomi III (dicembre 1944-giugno 1945). Fu poi ministro per la Ricostruzione delle Terre liberate dal nemico nel governo Parri (giugno-dicembre 1945). Dal gennaio del 1945 era intanto diventato presidente del Comitato interministeriale della ricostruzione (CIR) e presidente del Consiglio di Stato, che presiedette sino al raggiungimento dei limiti d'età, il 14 dicembre 1947[5]. Suo consigliere economico nonché capo di gabinetto fu il giovane economista Federico Caffè.

Deputato alla Costituente

Il 2 giugno 1946 fu eletto deputato all'Assemblea Costituente, e divenne presidente della "Commissione dei 75", incaricata di redigere il testo costituzionale. Gli fu riconosciuta, da presidente della Commissione dei 75, la dote di mediatore tra le diverse istanze politiche e sociali che si manifestarono durante la stesura della Costituzione. 

https://www.brocardi.it/costituzione/parte-i/titolo-i/art24.html

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https://www.brocardi.it/costituzione/parte-i/titolo-i/art24.html

Ratio Legis

La norma in esame garantisce l'eguaglianza tra tutti i cittadini (3 Cost) e, soprattutto, preserva la pace tra i consociati perchè impedisce che essi si facciano giustizia da sè (v. 392, 393 c.p.).


Spiegazione dell'art. 24 Costituzione

La norma costituzionale in esame pone i principi base della tutela giurisdizionale, sancendo che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti, che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, che a tutti sono forniti i mezzi per potersi difendere e, da ultimo, una riserva di legge al fine di disciplinare la riparazione degli errori giudiziari.

I diritti inviolabili di difesa giudiziaria, basati sul principio di uguaglianza, riconoscono a tutti la possibilità di ricorrere al sistema giudiziario in condizioni di parità e di essere giudicati da giudici imparziali.


Il diritto alla difesa è inviolabile ed universale, costituendo il fulcro di ogni sistema democratico. Non è possibile limitarlo o eliderlo in alcun modo, nemmeno mediante procedimenti di revisione costituzionale.

Corollario di tale tutela è l'obbligo di assistenza da parte di un esercente la professione legale, e la possibilità di poter partecipare effettivamente al processo.


La legge ordinaria ha dato attuazione a tale diritto con diverse disposizioni, da ultimo il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. In passato esso aveva scarsa possibilità di garantire effettivamente tutela ai meno abbienti, sia perchè il limite reddituale per accedervi era elevato sia perchè si trattava di un ufficio obbligatorio ma onorifico per gli avvocati. Dapprima, con la l. 30 luglio 1990, n. 217 lo Stato si fece carico del costo economico e quindi con il D.P.R. 115/2002 si è assistito ad una svolta incisiva in materia, nonostante da più parti se ne invochi, ad oggi, una riforma. A livello comunitario il diritto di difesa dei meno abbienti è sancito dall'art. 47 comma 3, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea.

La partecipazione al processo deve assicurare un corretto contraddittorio e deve svolgersi con la completa parità delle armi tra i soggetti partecipanti, sia nella fase di ammissione delle prove sia, più in generale, nello svolgimento dell'intero giudizio.


Nell'atto di garantire a tutti la tutela giurisdizionale, la Costituzione accorda tutela risarcitorio alla vittima di errori giudiziari. La disciplina in merito è contenuta nella L. 89/2001 (c.d. “Legge Pinto”). Una delle questioni connesse alla riparazione per errori giudiziari è quella della responsabilità civile dei magistrati, disciplinata dapprima con la l. 13 aprile 1988, n. 117 (c.d. legge Vassalli) e, da ultimo, con la l. 27 febbraio 2015, n. 18.



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