sabato 5 giugno 2021

La fabbrica del falso. Strategie della menzogna nella politica contemporanea





Dalla menzogna non si sfugge, perché la menzogna è l’arte di questo sistema. Detto in modo meno elegante, è più o meno quello che sostiene l’ultimo libro di Vladimiro Giacché, filosofo che lavora nel settore finanziario e presidente della società editoriale del giornale online Lettera43.


Diviso in tre parti, il saggio parte da lontano, cioè dalla superficie: le menzogne diffuse dalla politica. Poi ne considera le cause profonde, rintracciandole nel sistema sociale contemporaneo capitalistico. E si chiude, infine, con una proposta di resistenza.


Il libro diventa una critica della retorica contemporanea, intesa come arma di ammaestramento di massa. Si attacca allora l’uso (e l’abuso) di termini come “democrazia”, “sicurezza”, e “mercato”, vere e proprie hurrah word che mettono a tacere ogni ragionamento critico. Accade così che le democrazie diventino meno democratiche in nome della democrazia, che la sicurezza si restringa alla sola accezione poliziesca e militare, che il mercato assurga a criterio indiscutibile e imprescindibile per ogni scelta economica e politica. A ben guardare, spiega Giacché, il mercato altro non sarebbe che un travestimento verbale: capitalismo è la parola giusta, ma ci si vergogna a dirla. E questo è il cuore, il tema portante della trattazione. «Le radici del falso», dice, «affondano nel sistema sociale ed economico capitalista». Non a caso, di tutti i conflitti, solo quello di classe è sparito.


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edizione 2016

Se   un   tempo   le   verità
inconfessabili del potere erano
coperte   dal   silenzio   e   dal
segreto,   oggi   la   guerra   contro
la   verità è   combattuta   sul
terreno   della   parola   e   delle
immagini. 
Questo   libro   spiega   come
funziona   e   a   cosa   serve   la
fabbrica del falso. . 

Perché chiamiamo democratico un Paese dove il governo è stato eletto
dal 20 per cento degli elettori? Perché dopo ogni “riforma” stiamo
peggio di prima? Come può un muro di cemento alto otto metri e lungo
centinaia di chilometri diventare un “recinto difensivo”?
In cosa è diversa la tortura dalle “pressioni fisiche moderate” o dalle
“tecniche di interrogatorio rafforzate”? Perché nei telegiornali i Territori
occupati diventano “Territori”? Perché un terrorista che compie una
strage a Damasco diventa un ribelle?
Che cosa distingue l’economia di mercato dal capitalismo?
Rispondere a queste domande significa occuparsi del grande
protagonista del discorso pubblico contemporaneo: la  menzogna 

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