tratto da
https://www.ilfoglio.it/articoli/2014/02/06/news/i-tiepidi-vanno-allinferno-io-vado-a-marsiglia-in-talare-con-padre-zanotti-51191/
Bisogna andare a Marsiglia. Non per il pastis, non per il sapone, non
per la bouillabaisse, ma per un prete. Un prete così potentemente prete
come padre Zanotti, così ardente e appassionato, così trascinatore, in
Italia non riesco a trovarlo. Dicono un gran bene di don Fabio Rosini, a
Roma, che non sarà un ipocredente ma pure lui nelle foto appare in
maglione o in tenuta da pastore anglicano: come mai? Perché tanti preti,
anche buoni preti, indossano il clergyman? Forse perché d’accordo col
pluriscomunicato e pluriuxoricida Enrico VIII? O perché ci tengono a
somigliare ai signori delle pompe funebri? Padre Zanotti invece veste la
talare siccome indossarla significa essere immediamente riconosciuti
come operai di Dio, e subito interpellati per riparare anime. Mentre
“andando in giro in borghese sei sicuro di una cosa: che non succederà
niente”. Lo scrive in “I tiepidi vanno all’inferno” (Mondadori), un
libro ad alta temperatura religiosa però non solo mistico, anche
parecchio pratico, e che dovrebbe essere portato nei seminari perché
insegna a fare il prete e fuori dai seminari perché mette voglia di
farsi prete. Padre Zanotti esorta il sacerdote a “non essere uno tra gli
altri”, a non mimetizzarsi (cosa che a lui riuscirebbe comunque
difficile, essendo alto e bello come un attore). “Non lasciare che i
fedeli ti diano del tu. E se lo fanno per lunga consuetudine con te, che
premettano padre al tuo nome”. Devono leggerlo i preti che, specie su
internet, omettono il don, confondendosi nel mare magno e non offrendo
nessuna luce, nessun punto di riferimento, a chi nel mare magno si è
perso. Io ho un contatto Facebook che non sono riuscito a capire se è un
frate oppure un laico: non usa il fra, non veste il saio, solo Dio sa
qual è la sua vocazione, ammesso che una vocazione ci sia.
Bisogna andare a Marsiglia per vedere in azione questo prete
formidabile e si potrebbe anche fare, non è così distante. Inoltre padre
Zanotti, come suggeriscono il cognome e la città di nascita, Nizza, ha
sangue italiano nelle vene, e prima dell’ordinazione ha studiato a
Treviso, Padova, Roma (Angelicum) quindi la nostra lingua dovrebbe
conoscerla. Non è solo un po’ italiano, è anche un po’ ebreo, almeno
come origine, e all’anagrafe e in copertina risulta Michel-Marie
Zanotti-Sorkine: il secondo cognome ricorda il nonno materno, immigrato
russo. Pertanto non è cresciuto in una famiglia molto cattolica, e in un
ambiente ben poco cattolico ha vissuto quando, fino ai ventotto anni,
cantava nei cabaret di Parigi e Montecarlo, e nemmeno oggi vive in un
contesto così cattolico: a Marsiglia un quarto degli abitanti è
maomettano e innumerevoli sono gli atei, i genderisti, gli
omosessualisti, i cristiani arresi al mondo. Forse proprio per questo ha
sviluppato una fisionomia cattolica nettissima fino a essere capace di
scagliarsi contro “l’ecumenismo da due soldi, che consiste nel volere
che i protestanti restino tali”. Non accusa il contesto ostile ma la
tiepidezza del clero: “San Paolo ha forse beneficiato delle circostanze
più favorevoli per annunciare il Regno? Andiamo, siamo onesti: non
abbiamo più il sacro fuoco”.
Qualche anno fa l’incendiario padre è diventato parroco di Saint-Vincent
de Paul, gran tempio neogotico in fondo a la Canebière, pieno centro,
che come molte chiese francesi e non solo francesi (a Firenze hanno
appena chiuso San Marco, la chiesa del Beato Angelico, di Savonarola e
La Pira) si stava spegnendo per mancanza di fedeli: adesso c’è la fila.
Miracolo di una fede fiammeggiante che ha fatto tornare le pecore
all’ovile con la predicazione (dal pulpito, l’ho visto su YouTube, fa
impressione), la bellezza (candele vere, organo vero, confessionali
veri), il fervore (“solleva la mano per benedire le persone e le cose,
credi nel potere dell’acqua santa, sii soprannaturale!”) e l’estrema
disponibilità: chiesa sempre aperta e lui sempre pronto a confessare, a
incontrare chiunque anche senza appuntamento, anche nei caffè e nelle
case, padre spirituale di un popolo multicolore di madri senza mariti,
di giovani incerti, di vecchi malati. “En cas d’urgence, de jour comme
de nuit, vous pouvez contacter le père curé au 0491485745. Il viendra
sans tarder”, c’è scritto sul sito: senza tardare e in abito talare,
perché tutti sappiano chi l’ha mandato
tratto da
https://www.intelligonews.it/intelligonews/articoli/30-giugno-2015/28034/la-lezione-di-padre-zanotti-sorkine-servono-dei-preti-come-dio-comanda/
Chi è il prete? È quello che ha “il potere di Cristo”. Certamente non dev’essere codardo, un uomo d’apparato, non deve andare a caccia di promozioni, non deve essere ossequioso per interesse, non deve essere tiepido, ipocrita, e via discorrendo.
Con il linguaggio del grande predicatore, padre Michel-Marie Zanotti-Sorkine,
ex chansonnier nei cabaret di Parigi, che all’età di ventotto anni
abbandona le scene per vestire l’abito talare, scrive contro la
tiepidezza dei sacerdoti responsabili del decadere della fede nei cuori
degli uomini.
Padre Michel-Marie è parroco in una parrocchia di un quartiere
multietnico di Marsiglia, la sua chiesa un tempo era vuota, ora ha tanti
fedeli. Il segreto di tutta questa rinascita è che l’ex chansonnier
predica “i grandi precetti della Chiesa, il dono di sé, la carità verso
il prossimo e la fiducia in Dio”.
Il prete
francese intende scuotere i suoi confratelli dalla tiepidezza, dalla
debolezza, dalla leggerezza, dall’inoperosità, per questo ha scritto
qualche anno fa un libro, recentemente pubblicato dalla Mondadori, I tiepidi vanno all’inferno (2014);
lui stesso scrive che si tratta di un “Piccolo trattato
dell’essenziale”, alcune riflessioni, su ciò che manca nell’uomo e nella
società, alcuni li chiamano “valori, ma che in fondo non sono
nient’altro che la vita quando si svolge come deve”.
Sono
20 brevi capitoli, definiti dal parroco, “venti luci”.
Padre Michel-Marie analizza il momento attuale della Chiesa e del mondo
cattolico, la situazione è grave, anzi gravissima. Fa un elenco
abbastanza negativo, ne propongo una sintesi: “La maggior parte delle
nostre parrocchie è senza eredi, la messa non trattiene più il cuore;
da molte parti fa addormentare, annoia, delude, allontana persino chi
la fede ce l’ha; i battesimi diminuiscono, le aule di catechismo si
svuotano, la confessione agonizza…”.
I credenti non praticanti aumentano,
“sguazzando in uno stato di indifferenza e serena neutralità, mentre i
non credenti e gli agnostici di ogni genere pullulano e si moltiplicano
allegramente”. E provocatoriamente ci invita a non sminuire la realtà:
“Non dite che il numero non conta, che la qualità è più importante”.
Soprattutto non accampiamo scuse, tipo che ci sono qua e là, “gli eterni
segnali di speranza”.
Certo don Michel-Marie riconosce l’esistenza dei tanti movimenti,
delle associazioni cristiane, dei tanti preti, fratelli cristiani,
giovani, veri araldi della fede, che ogni giorno si danno senza
risparmiarsi. Nonostante tutto questo, la situazione rimane gravissima.
Pessimismo? Non credo, il prete deve dare una scossa, deve provocare non deve predicare rassegnazione, e il libro di padre Michel-Marie ha questo intento.
È evidente che la nostra società, quella occidentale, la Vecchia Europa, sta vivendo un “inverno religioso”.
“Di chi è la colpa? Nostra, prima di tutto, preti di Gesù Cristo, che non lo siamo a sufficienza”,
scrive padre Zanotti- Sorkine. “Via, siamo onesti e non appelliamoci
alla società moderna, con i suoi sconvolgimenti, i suoi cambiamenti, i
suoi conflitti tra culture e altre problematiche emerse, per
giustificare il prosciugamento dello spirito cristiano nel nostro
paese”. Insiste il prete francese: “Niente scuse, non sarebbe degno
della santa Chiesa che si è sempre diffusa al di sopra del paganesimo o
della falsità degli dei(…) E poi, pensiamo anche solo a San Paolo! Ha
forse beneficiato delle circostanze più favorevoli per annunciare il
Regno e edificarlo?(…) La verità è questa: non abbiamo più il sacro fuoco.
L’immagine che diamo del sacerdozio è troppo insignificante. Non si
tocca il cuore. I modi in cui ci poniamo sono inferiori al risultato
atteso”.
A questo punto il padre francese fa alcuni nomi di modelli, di santi sacerdoti a cui affidarsi, primo fra tutti san Giovanni Maria Vianney, il santo curato d’Ars, poi Vincenzo de’ Paoli, Giovanni Bosco, Massimiliano Kolbe.
Pertanto rivolgendosi prima a se stesso e poi agli altri fratelli
sacerdoti, ma anche ai cristiani tutti, dice: rimettiamoci tutti, in
discussione radicale e con coraggio ribaltiamo le nostre organizzazioni e
i nostri piani i cui frutti spesso sono stati molto scarsi.
Il
padre ci avvisa se non siamo d’accordo con questa premessa, certamente
un po’ pessimista ma reale, e soprattutto se crediamo che tutto vada
bene, chiudiamo il libro e preghiamo per lui.
Per quanto mi riguarda, il libro non l’ho chiuso e l’ho letto tutto,
trovandomi sostanzialmente d’accordo con il prete francese.
Sono tanti i suggerimenti di padre Michel-Marie, che orgogliosamente per
farsi riconoscere nelle strade, cammina sempre in talare nera. “La
veste è una divisa da lavoro, un grembiule da cottimista; seppur nera, è
una ‘tuta blu’(…) Portala, questa veste, e vedrai subito i frutti
dell’immaginario dell’uomo che ti collegherà istintivamente a Vincenzo
de’ Paoli, a Jerzy Popieluszko, a Giovanni Paolo II, che non ebbero
paura di mostrare la loro scelta in materia d’amore”.
Tra
i tanti consigli, invita il prete a non essere freddo, distante, scuro
in volto, “la bontà sia immediatamente percepibile nei tuoi occhi.
Allenati davanti allo specchio”. Don Michel-Marie sottolinea anche che il prete deve avere classe, stile, mai la moda. Non dev’essere volgare, fare sempre il primo passo.
Mai
lamentarsi: “Credi che Dio ti serva le anime su un vassoio, già ben
disposte, sottomesse e tutt’orecchi? Ma come puoi essere così immaturo?
Dio ti manda gli storpi, i pazzi furiosi, le anime dannate, gli ottusi, i
balordi, i tonti, ma sono tutti amati figli di Dio. Forza, fai piacere a
Lui, salvali!”
Il prete dev’essere allegro, una punta di umorismo, ma mai ironia nel tono della voce, mai una parola contro chicchessia.
Adattati
a ogni persona, ai suoi limiti, alle incoerenze. “Ama gli animali e
rispettali facendo loro qualche carezza, quando capita”. Per quanto
riguarda i problemi sociali, “se hai delle risposte dalle, ma ricordati
che l’essenziale si trova oltre il tempo(…) prima di occuparti di
politica, nei versetti del Vangelo guarda bene Cristo e i suoi problemi,
e vedrai ciò che interessa a lui”.
Sulle
questioni ecclesiali, “Dì ciò che pensi, sii ciò che sei, alla luce di
ciò che la Chiesa universale scrive sul tempo esatto che tu vivi. Non
sbagliare decennio. Rispondi presente all’appello del papa. Il suo
orologio fa l’ora esatta”. Ancora, “entra nell’orbita di santo Stefano
che ha aperto la strada, e lascia alla massa dei chierici gli
avvitamenti del linguaggio…”. Sulle verità di fede, scrive: “Un prete che non parla più del Cielo lo ha lasciato da molto tempo”
e quindi occorre evocare il purgatorio, l’inferno, il paradiso. Curare
la liturgia, la messa, niente improvvisazione, verbale o gestuale.
Ognuno nel suo ruolo, il prete e il laico.
Sito web del Padre Michel-Marie Zanotti-Sorkine
http://pere.michel-marie.fr/#!/accueil/
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