
C'era in questo tempo, tra i credenti
spiritualisti, un uomo ragguardevole - molti lo chiamavano superuomo
-, il quale era lontano dall'infanzia della mente e dall'infanzia del
cuore. Egli era ancor giovane, ma grazie al suo genio eccelso a
trentatré anni godeva fama di grande pensatore, di scrittore e
di riformatore sociale. Cosciente di possedere in sé una
grande forza spirituale, era sempre stato un convinto spiritualista e
la sua vivida intelligenza gli aveva sempre indicato la verità
di ciò a cui si deve credere: il bene. Dio, il Messia.
Egli
credeva in ciò, ma non amava che se stesso. Credeva in Dio, ma
nel fondo dell'anima involontariamente e senza rendersene conto
preferiva se stesso a Lui. Credeva nel Bene, ma l'Occhio
dell'Eternità, che vede tutto, sapeva che quest'uomo si
sarebbe inchinato davanti alla potenza del male, appena appena questa
riuscisse a corromperlo, non con l'inganno dei sentimenti e delle
basse passioni e nemmeno con la suprema attrattiva del potere, ma
solleticando il suo smisurato amor proprio. Del resto questo amor
proprio non era ne un istinto incosciente ne una folle pretesa. A
parte il suo talento eccezionale, la sua bellezza e la sua nobiltà,
anche le altissime dimostrazioni di moderazione, di disinteresse e di
attiva beneficenza, parevano giustificare a sufficienza
lo sconfinato
amor proprio che nutriva per sé il grande spiritualista,
l'asceta, il filantropo. Se gli si rinfacciava di essere così
in abbondanza fornito di doni divini, egli vi scorgeva i segni
particolari di una eccezionale benevolenza dall'alto verso di lui e
si considerava come secondo dopo Dio, il figlio di Dio, unico nel suo
genere. In una parola egli riconosceva in sé quelle che erano
le caratteristiche del Cristo. Ma la coscienza della sua alta dignità
all'atto pratico non prendeva in lui l'aspetto di un obbligo morale
verso Dio e il mondo, ma piuttosto l'aspetto di un diritto e di una
superiorità in rapporto agli altri e soprattutto in rapporto
al Cristo. Ma non aveva per Cristo una ostilità di principio.
Gli riconosceva l'importanza e la dignità di Messia; però
con tutta sincerità
vedeva in lui soltanto il suo augusto
precursore. Per quella mente ottenebrata dall'amor proprio erano
inconcepibili l'azione morale del Cristo e la Sua assoluta unicità.
Egli ragionava così: "Cristo è venuto prima di me;
io mi manifesto per secondo, ma ciò che viene dopo in ordine
di tempo, in natura è primo.
Io giungo ultimo alla fine della
storia precisamente perché sono il salvatore perfetto,
definitivo. Quel Cristo è il mio precursore. La sua missione
era di precedere e preparare la mia apparizione". E in base a
quest'idea, il grande uomo del secolo XXI applicava a se tutto ciò
che è detto nel Vangelo circa il secondo avvento, spiegando
questo avvento non come il ritorno di Cristo stesso, ma come
la
sostituzione del Cristo precursore col Cristo definitivo, cioè
se stesso.In questo stadio «l'uomo del futuro» si
presenta ancora in modo ben definito e originale. Considerava il suo
rapporto con Cristo alla stessa guisa di Maometto, un uomo retto che
non si può accusare di nessuna cattiva intenzione.
La
preferenza piena di amor proprio, che egli fa di se stesso nei
confronti del Cristo, verrà giustificata da quest'uomo con un
ragionamento di questo genere: «Il Cristo è stato il
riformatore dell'umanità, predicando e manifestando il bene
morale nella sua vita, io invece sono chiamato ad essere il
benefattore di questa umanità, in parte emendata e in parte
incorreggibile. Darò a tutti gli uomini ciò che è
loro necessario. Il Cristo, come moralista ha diviso gli uomini
secondo il bene e il male, mentre io li unirò con i benefici
che sono ugualmente necessari ai buoni e ai cattivi. Sarò il
vero rappresentante di quel Dio che fa sorgere il suo sole e per
buoni e per i cattivi e distribuisce la pioggia sui giusti e sugli
ingiusti. Il Cristo ha portato la spada, io porterò la pace.
Egli ha minacciato alla terra il terribile ultimo giudizio. Però
l'ultimo giudizio sarò io e il mio giudizio non sarà
solo un giudizio di giustizia ma anche un giudizio di clemenza. Ci
sarà anche la giustizia ma non una giustizia compensatrice
bensì una giustizia distributiva. Opererò una
distinzione fra tutti e a ciascuno darò ciò che gli è
necessario.
E in questa magnifica disposizione, egli attende un
chiaro appello di Dio che lo chiami all'opera della nuova salvezza
dell'umanità, una testimonianza palese e sorprendente che lo
dichiari il figlio maggiore, il primogenito diletto da Dio. Attende e
nutre il suo amor proprio con la coscienza delle proprie virtù
e delle proprie doti sovraumane; infatti egli è, come si dice,
un uomo di una moralità irreprensibile e di un genio
straordinario.
Questo giusto, pieno di orgoglio, attende la
suprema sanzione per cominciare la propria missione che porterà
alla salvezza del l'umanità, ma è stanco di aspettare.
Ha già compiuto trent'anni e altri tre anni trascorrono. Ed
ecco gli balena nella mente un pensiero e con un brivido ardente gli
penetra fino al midollo delle ossa: «E se?... E se non fossi
io, ma quell'altro... Il Galileo... S'egli non fosse il mio
precursore, ma il vero primo ed ultimo? Però in tal caso
dovrebbe essere vivente... Dov'è dunque Lui?... Se a un tratto
mi venisse incontro... in questo momento, qui... Che Gli direi?
Dovrei inchinarmi davanti a lui come l'ultimo cristiano scimunito e
borbottare stupidamente come un qualsiasi cittadino russo: "Signore
Gesù Cristo abbi pietà di me peccatore", oppure
prostrarmi a terra come una donnetta polacca? Io che sono un genio
luminoso, il superuomo. No, mai! ». E a questo punto al posto
dell'antico ragionevole e freddo rispetto per Dio e per il Cristo,
germoglia e si sviluppa nel suo cuore dapprima una specie di timore e
poi l'invidia ardente che opprime e contrae tutto il suo essere;
infine l'odio furioso si impadronisce della sua anima. «Sono
io, io, non Lui! Lui non è tra i viventi e non lo sarà
mai.
Non è risorto, non è risorto, non è
risorto! È marcito, è marcito nel sepolcro, come
l'ultima...».Con la schiuma alla bocca, a balzi convulsi,
si lancia fuori dalla sua casa e dal suo giardino e fugge nella notte
fonda e buia per un sentiero roccioso... Si placa il suo furore e ad
esso succede una disperazione arida e pesante come quelle rocce,
oscura come quella notte. S'arresta sull'orlo di un precipizio che
cade a picco e ode di lontano il confuso fragore di un torrente che
scorre in basso fra le rocce. Un'angoscia intollerabile gli opprime
il cuore. A un tratto qualcosa si agita dentro di lui. «Lo
chiamerò per chiedergli ciò che debbo fare?». E
nell'oscurità gli appare un volto dolce e triste. «Egli
ha compassione di me... No, mai!
Non è risorto, non è
risorto! ». E si getta nell'abisso. Ma qualche cosa di elastico
come una colonna d'acqua, lo trattiene sospeso nell'aria, egli si
sente sconvolto come da una scossa elettrica, e una forza arcana lo
ributta indietro. Per un istante perde la conoscenza e si risveglia,
in ginocchio a qualche passo dal precipizio.
Davanti a lui si
stagliava una figura avvolta in un nebuloso nimbo fosforescente e due
occhi gli trapassavano l'anima con un sottile insopportabile
bagliore...Vede quei due occhi penetranti e senza darsi conto se
provenga dal suo intimo o dall'esterno ode una strana voce sorda,
perfettamente contenuta e nello stesso tempo netta, metallica e priva
affatto di anima come quella di un fonografo. E questa voce gli dice:
«Mio amato figlio, in te è riposto tutto il mio
affetto... Perché non sei ricorso a me? Perché hai
onorato l'altro, il cattivo e il padre suo! Io sono dio e padre tuo.
Ma quel mendicante, il crocifisso è estraneo a me e a te. Non
ho altri figli all'infuori di te. Tu sei l'unico, il solo generato,
uguale a me. Io ti amo e non esigo nulla da te. Così tu sei
bello, grande, possente. Compi la tua opera nel tuo nome e non nel
mio. Io non provo invidia nei tuoi confronti.Ti amo e non
richiedo nulla da parte tua. L'altro, colui che tu consideravi come
dio, ha preteso dal suo figlio obbedienza e una obbedienza illimitata
fino alla morte di croce e sulla croce lui non lo ha soccorso. Io non
esigo nulla da te, ma parimenti ti aiuterò. Per amor tuo, per
il tuo merito, per la tua eccellenza e per il mio amore puro e
disinteressato verso di te, io ti aiuterò.
Ricevi il mio
spirito. Come prima il mio spirito ti ha generato nella bellezza,
così ora ti genera nella forza». A queste parole dello
sconosciuto, le labbra del superuomo si sono involontariamente
socchiuse, due occhi penetranti si sono accostati vicinissimi al suo
volto ed ha provato la sensazione come se un getto pungente e
ghiacciato penetrasse in lui e riempisse tutto il suo essere. E nel
medesimo tempo si è sentito pervaso da una forza inaudita, da
un vigore, da una agilità e da un entusiasmo mai provati. In
quello stesso istante sono scomparsi a un tratto il fantasma luminoso
e i due occhi e qualcosa ha sollevato il superuomo sopra la terra e
d'un colpo lo ha deposto nel suo giardino.
Il giorno dopo, non
solo i visitatori del grande uomo, ma perfino i servitori furono
stupiti per il suo aspetto particolare, quasi ispirato. Ma sarebbero
rimasti ancora più colpiti se avessero potuto vedere con quale
rapidità e facilità soprannaturali, rinchiuso nel suo
studio, egli scriveva la sua celebre opera La via aperta verso la
pace e la prosperità universale.
I precedenti libri e
l'azione sociale del superuomo avevano incontrato dei severi critici,
ancorché essi fossero per la maggior parte soprattutto
religiosi e perciò privi di qualsiasi autorità; i
nfatti
quello di cui parlo è il tempo dell'Anticristo. E così,
pochi erano stati coloro che avevano potuto ascoltare questi critici,
quando indicavano in tutti gli scritti e in tutti i discorsi
«dell'uomo del futuro» i segni di un amor proprio
assolutamente intenso ed eccezionale ed esprimevano dubbi di fronte
all'assenza di una vera semplicità, di rettitudine e di bontà
di cuore.
Ma con questa sua nuova opera egli riuscì ad attirare a sé
perfino alcuni che in precedenza erano stati suoi critici ed
avversari. Questo libro, scritto dopo l'avventura dell'abisso,
manifesta in lui la potenza di un genio senza precedenti. È
qualcosa che abbraccia insieme e mette d'accordo tutte le
contraddizioni. Vi si uniscono il nobile rispetto per le tradizioni e
i simboli antichi con un vaste e audace radicalismo di esigenze e
direttive sociali e politiche, uni sconfinata libertà di
pensiero con la più profonda comprensione di tutto ciò
che è mistico, l'assoluto individualismo con una ardente
dedizione al bene comune, il più elevato idealismo in fatte di
principi direttivi con la precisione completa e la vitalità
delle soluzioni pratiche. Tutto questo risultava così unito e
legato insieme con tale genialità d'arte che ogni singolo
pensatore, ogni uomo d'azione, poteva facilmente scorgere ed
accettare l'insieme soltanto sotto l'angolo particolare del proprio
personale punto di vista. E questo senza nulla sacrificare della
verità in se stessa, senza elevarsi per essa effettivamente al
di sopra del proprio io, senza assolutamente rinunciare di fatto al
loro esclusivismo, senza nulla correggere circa gli errori di
opinione o di tendenza, senza colmare per nulla possibili lacune.
Questo libro meraviglioso è subito tradotto nelle lingue di
tutte le nazioni progredite e anche il alcune di quelle arretrate.
Per un anno intero, in tutte le parti del mondo, migliaia di giornali
sono pieni zeppi della pubblicità degli editori e
dell'entusiasmo dei critici. Edizioni economiche, col ritratto
dell'autore, si diffondono a milioni di esemplari e l'intero mondo
civile (a quell'epoca cioè quasi tutto il globo terrestre) si
riempie della gloria dell'uomo incomparabile, grande, unico! Nessuno
osa ribattere a questo libro che appare a ciascuno come rivelazione
della verità integrale. Tutto il passato vi è trattato
con così perfetta giustizia, tutto il presente apprezzato con
tanta imparzialità, sotto tutti gli aspetti e il futuro
migliore è accostato in modo così evidente e palpabile,
che ciascuno dice: «Ecco qui ciò di cui abbiamo bisogno;
ecco un ideale che non è utopia, ecco un progetto che non è
una chimera». E il prodigioso scrittore non se lo trascina
tutti, ma ognuno lo trova gradevole
e in tal modo si compie la parola
del Cristo.
«Sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi
accoglierete, un altro verrà nel suo proprio nome e voi
l'accoglierete». Infatti per essere accolto bisogna essere
piacevole.
Veramente alcune pie persone, pur lodando con calore il
libro, si stanno a domandare perché mai non vi sia nominato
nemmeno una volta il Cristo,
ma altri cristiani ribattono: «Sia
lodato Iddio! Nei secoli passati tutte le cose sacre sono state rese
logore da ogni sorta di zelatori senza vocazione ed ora uno scrittore
profondamente religioso deve essere molto circospetto. E visto che il
contenuto del libro è permeato dal vero spirito cristiano,
dall'amore attivo e dalla benevolenza universale, che volete
ancora?».