sabato 18 gennaio 2020

18 Gennaio Santa ed Apocalittica notte -il mito di Erisittone-




Nella mitologia greca Erisittone è un uomo che abbatte un bosco sacro a Demetra per costruire una sala da pranzo. La dea, infuriata, si vendica condannandolo ad una fame perenne che Erisittone cerca continuamente di soddisfare senza successo. Allora l’uomo, preso dall’ingordigia, cerca di placare il proprio desiderio consumando tutte le ricchezze della propria famiglia. Infine, nel disperato tentativo di placare la propria gola, divora se stesso.( La sindrome di Erisittone e l’antipolitica  di  Francesco Nasi   sta in  https://www.pandorarivista.it/articoli/antipolitica-la-sindrome-di-erisittone

Forse dire che dopo Auschwitz non si può più scrivere una poesia è falso: il dolore incessante ha tanto il diritto ad esprimersi quanto il martirizzato ad urlare. Invece non è falsa la questione, meno culturale, se dopo Auschwitz si possa ancora vivere, specialmente lo possa chi vi è sfuggito per caso, e di norma avrebbe dovuto essere liquidato…»( T.W.Adorno  saggio Meditazioni sulla metafisica, che conclude il volume Dialettica Negativa, )



Auschwitz ha dimostrato inconfutabilmente il fallimento della cultura […] ma anche che tutta la cultura dopo Auschwitz è spazzatura»(T. W. Adorno, Metafisica, ed. it. a cura di S. Petrucciani, Einaudi, Torino 2006, p.330.)

Se oggi «la Shoah è divenuta inenarrabile, come la si può raccontare? E se dopo Auschwitz ogni forma d’arte sembra essere solo espressione di barbarie, come si può tentare di fare arte dopo Auschwitz e su Auschwitz? Infine, come possono gli artisti affrontare un tema del genere, dal momento che stanno per mancare i testimoni diretti»?(Wlodek Goldkorn, Ma l’arte può davvero raccontare Auschwitz? In «La Repubblica», 1° settembre 2015, pag. 40.)


un foglio bianco, con la scritta: Non ho mai fatto un’opera sull’Olocausto, firmato Oskar Dawicki. Come dire: si può fare un discorso attorno ad Auschwitz, ma non su Auschwitz.(Wlodek Goldkorn, Ma l’arte può davvero raccontare Auschwitz? In «La Repubblica», 1° settembre 2015, pag. 40.(


Ma, come può uno sterminio divenire oggetto di rappresentazione? E soprattutto si può commercializzare l’orrore attraverso dinamiche di mercato tipiche delle società di massa? Che fine fa la memoria nello scenario della società attuale, scenario in cui è complicato creare una coscienza storica condivisa?(Dopo Auschwitz”: quale memoria è ancora possibile? di  Eirene Campagna   sta in   https://www.pandorarivista.it/articoli/dopo-auschwitz-quale-memoria/
da tael link sono tratte le citazioni  )


Yosef H Yerushalmi infatti come la cultura ebraica sia una cultura del ricordo: in un certo senso, nella Bibbia è contenuta un’autentica normatività della memoria. Il comando del ricordo è inoltre connesso al proprio negativo, ovvero al non dimenticare, e questi due imperativi coinvolgono non solo Israele,ma anche Dio (Storia ebraica e memoria ebraica nel pensiero di Yosef H. Yerushalmi  di  Jaka Makuc  in  https://www.pandorarivista.it/articoli/storia-e-memoria-yosef-h-yerushalmi 

Al fine di sottolineare la pregnanza del tema del ricordo, Yerushalmi ricorda come il verbo zakhar ricorra nella Bibbia «non meno di centosessantanove volte»

Ecco come muore una civiltà, senza seccature, senza pericoli né drammi e con pochissimo spargimento di sangue, una civiltà muore semplicemente per stanchezza, per disgusto di sé» Serotonina,  romanzo  di  Michel Houellebecq)


abbiamo forse ceduto a illusioni di libertà individuale, di vita aperta, di infinità dei possibili? È probabile, quelle idee erano nello spirito del tempo […] ci siamo limitati a conformarci a esse, a lasciarcene distruggere; e poi, per molto tempo, a soffrirne». L’estensione del dominio della lotta  romanzo  di  Michel Houellebecq)


citazioni tratte dalla riflessione "La modernità nichilista di Michel Houellebecq" di  

https://www.pandorarivista.it/articoli/la-modernita-nichilista-di-michel-houellebecq/



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