lunedì 20 gennaio 2020

20 Gennaio Santa ed Apocalittica Notte- La speranza dell'Apocalisse -Sergio Quinzio -Incipit del 1996 "Ho quasi settanta anni-Ci sarà invece uno iato"




L’Apocalisse: un eterno presente. A colloquio con Sergio Quinzio, in «Parolibera. Sicilia-Europa-Sicilia», n. 4, gennaio-giugno 1996, pp. 11-12.

Ho quasi settanta anni! E occorre perciò guardare agli anni passati ... Ho sempre avuto, presupposta a tutti i miei scritti, questa idea: è inseparabile dall annunzio cristiano  l  idea che l uomo non possa salvarsi con le sue forze, né con le sue capacità progettuali, né grazie all   impegno etico. Ciò sia perché egli difficilmente tiene fede agli obblighi che si è dato, sia perché rimane in uno stato d’ incertezza nei confronti di quel che è eticamente lecito.A tal proposito, pensiamo a questioni quali l  eutanasia, la pena di morte, gli interventi umanitari: sono tutti problemi che si collocano lungo un confine molto labile. Credo, quindi, che la storia umana, dal punto di vista cristiano –lo afferma San Paolo, allorché parla del significato della croce di Cristo – , rechi il segno di una legge che determina il peccato, sicché  l essenza della fede cristiana sta nell  accettazione del fatto che l   uomo non possa salvarsi con nessuno dei mezzi che ha a disposizione: nè quelli che gli vengono dalla razionalità, nè quelli che gli vengono dall eticità. Può solo invocare la salvezza, la quale, in se stessa, è una condizione disperata, poiché non arriva quando la si vorrebbe; e però senza di essa non èpossibile rimanere nel Cristianesimo, che non può prescindere dalla croce di Cristo


La speranza nel miracolo di Dio è però una speranza molto sui generis  . Non ha alcun rapporto con la conoscenza, non si può conoscere quello che accadrà per mezzo   dell’ascesi o
 della propria condotta di vita. La speranza di Dio è, per dirla con Horkheimer, la nostalgia del totalmente altro. Oppure, secondo quanto ci ricorda Capitini, il non voler  accettare che l’acqua di un ruscello scorra con la stessa indifferenza su una pietra o sul volto di un bambino annegato. La fede consiste in una remissione totale: Abramo, alla sua età, ha rimesso la propria speranza in Dio e ha avuto Isacco. Ma la speranza non ha la struttura della conoscenza: si crede a ciò che non si sa; così come si spera di avere quello che non si possiede. Essa è la follia di un bisogno, il rifiuto di accettare la realtà presente, un grido disperato.


Per me l  ’Apocalisse, nel suo realizzarsi storico, è l ’esatto   pendant  della Croce. La Croce è patibolo e nello stesso tempo fonte di vita. È lo stesso paradosso di sempre, non c’è una scala ascendente che grazie all’etica porti l’uomo più in alto, fino a raggiungere la Giustizia e la Pace. Ci sarà invece uno iato. E per superare questo iato occorre un atteggiamento rivoluzionario. Mi spiego meglio. Pensiamo alla rivoluzione russa: un rivoluzionario non poteva pensare ai poveri mugiki, allo Zar, ai nobili ... Quel mondo non poteva più rimanere, perché non ci sarebbe stata la rivoluzione. Il dolore e la morte in tal senso non provengono da una scelta, ma sono imposti. È vero che Isaia lancia un anatema suchi calcola i giorni di Dio ed invoca la fine, tuttavia quella fine dovrà pur venire. Come nel caso di una madre che attende la nascita del figlio: non è che essa voglia le doglie del parto, ma quelle doglie bisogna che ci siano se si vuole che il figlio nasca

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