-dal web- 6 Maggio Santa ed Apocalittica Notte- Pasolini-Jung e Bernardo da Chiaravalle-Zygmunt Bauman- IL VETERO- Francesco Nasi,rivista Pandora-Umberto Galimberti-Giorgio Gaber- «Nicolás Gómez Dávila
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"LIBROS RUMPITE, NE CORDA VESTRA RUMPANTUR"
Carl Gustav Jung (in Psicologia e alchimia, Roma 1950, p.520) riprese da un antico testo alchemico del XIII secolo, attribuito ad Arnaldo da Villanova, il motto “Libros rumpite, ne corda vestra rumpantur", “stracciate i libri, affinché non si spezzino i vostri cuori”, per significare che è l’esperienza vissuta, che si affida al proprio sentire più profondo, ad avvicinarci alla possibilità del comprendere. Liberarsi progressivamente dei libri può portare a resettarsi, a ricominciare a pensare …
Da parte loro, i medievali dicevano che si apprende di più camminando per un bosco che addentrandosi in una biblioteca: "Experto crede: aliquid amplius invenies in silvis quam in libris. Ligna et lapides docebunt te, quod a magistris audire non possis", "Credi a chi ne ha esperienza: nelle foreste troverai più che nei libri. Gli alberi e le rocce t'insegneranno ciò che non puoi imparare dai maestri” (Bernardo di Clairvaux, XI secolo).
Se da una parte la morte di Dio ha infatti permesso una minore invasività di tutti i padri simbolici nella vita degli individui, consentendo a molti di costruire da sé la propria identità senza apparenti costrizioni autoritarie o arbitrarie, dall’altro lato è innegabile che ciò abbia prodotto conseguenze enormemente problematiche: una “società liquida” caotica, multipolare e difficile da comprendere; l’inadeguatezza dei classici strumenti della politica per tentare di indirizzare il cambiamento, sia esso sociale o tecnologico; una razionalizzazione in chiave economicistica dei valori[13]; la percepita mancanza di senso e il nichilismo crescente nelle giovani generazioni-Francesco Nasi,rivista Pandora
Socrate diceva non so niente, proprio perché se non so niente problematizzo tutto. La filosofia nasce dalla problematizzazione dell'ovvio: non accettiamo quello che c'è, perché se accettiamo quello che c'è, ce lo ricorda ancora Platone, diventeremo gregge, pecore. Ecco: non accettiamo quello che c'è. La filosofia nasce come istanza critica, non accettazione dell'ovvio, non rassegnazione a quello che oggi va di moda chiamare sano realismo. Mi rendo conto che realisticamente uno che si iscrive a filosofia compie un gesto folle, però forse se non ci sono questi folli il mondo resta così com'è... così com'è. Allora la filosofia svolge un ruolo decisamente importante, non perché sia competente di qualcosa, ma semplicemente perché non accetta qualcosa. E questa non accettazione di ciò che c'è non la esprime attraverso revolverate o rivoluzioni, l'esprime attraverso un tentativo di trovare le contraddizioni del presente e dell'esistente, e argomentare possibilità di soluzioni: in pratica, pensare. E il giorno in cui noi abdichiamo al pensiero abbiamo abdicato a tutto.
Umberto Galimberti
La tecnologia che conosciamo allarga molto la conoscenza ma sempre in senso orizzontale; non c'è nulla nelle nuove invenzioni che ci aiuta ad andare dentro nelle cose. Può aprirci il panorama ma non vuol dire che ci dia più consapevolezza. Era più consapevole e cosciente un contadino di cent'anni fa, che sapeva sette cose ma le sapeva veramente. Noi in realtà sappiamo tutto e non sappiamo nulla.
> Giorgio Gaber <
(A. Priolo, "Il luogo del pensiero. Qui e ora”, Re Nudo n.18 - 1/3/1998)
« I disastri naturali devastano una regione in modo meno efficace rispetto all’alleanza dell’avidità con la tecnica. »
Nicolás Gómez Dávila
, “Nuevos escolios a una texto implicito”, II
" Uno spirito falsamente ragionevole vuole opinioni conformi alle sue o ai discorsi che convertono con il volgare buon senso; mentre uno spirito che brama la sola lucidità tollera tutto ciò che sente, ma esige che ognuno abbia chiara coscienza delle cause e delle conseguenze delle idee che propone."
Gomez Davila
Note, p. 257 (Villegas, 2003)
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