venerdì 11 febbraio 2022

I cristiani delle Chiese Italiane e il green pass.

 




Condivido  e concordo con la riflessione che Don Rosario Giuè,,presbitero della Diocesi di Palemo ha pubblicato dal quotidiano “Domani” il 31 dicembre 2021, con il titolo “Il privilegio della chiesa durante la pandemia”

E nel condividerla concordando i confini della meditazione travalicano i confini della Chiesa Cattolica per interrogare tutte le congregazioni cristiane presenti in Italia e non solo le congregazioni cristiane.


La riflessione di Don Rosario


“La Conferenza Episcopale Italiana dovrebbe, finalmente, compiere una scelta di responsabilità e di laicità: chiedere il green pass a chi desidera partecipare alle liturgie nelle chiese cattoliche. Se non lo impone il Governo nazionale, dovrebbe farlo di propria iniziativa l‘Episcopato, volendo davvero dare anche così il proprio operoso contributo nella lotta contro la pandemia da Covid 19.  E lo deve fare, a maggior ragione, in questo momento che sta vivendo il Paese con la recrudescenza della diffusione dei contagi. 

Devo confessare che quando la domenica presiedo la celebrazione eucaristica sento il disagio di essere un “privilegiato”, di pregare con uomini e donne  “privilegiati”. Il disagio deriva dal fatto che se si va al teatro, al cinema o al ristorante viene chiesto il green pass. Ed invece nelle liturgie è come se fossimo in “un mondo a parte”, come se ciò che la gente comune vive fuori non ci riguardasse, senza le stesse «fatiche e speranze». 

Il Governo Draghi ha scelto di non chiedere il green pass per le celebrazioni liturgiche forse per un malinteso senso di non “interferenza” o di non “ingerenza” negli affari interni della Chiesa italiana?  Si comporta così, probabilmente, dopo che nel primo lock-down dalla CEI era uscita una nota molto dura e polemica rivolta al governo Conte nella quale si affermava di sentirsi “discriminati” a proposito della riapertura delle chiese rispetto ad altre realtà. Ora il Governo attuale non vuole creare un nuovo “incidente”. E sta pensando: facciano ciò che vogliono. Sbagliando.

Ma se il Governo di Mario Draghi non ritiene di dover intervenire, non lo può fare autonomamente la Conferenza Episcopale Italiana? 

Da una “Chiesa in uscita”, come chiede papa Francesco, non ci si deve aspettare che si assuma una scelta di responsabilità, che è anche di condivisione con la fatica e i rischi degli altri e delle altre?

Ho sempre sognato una Chiesa italiana laica, che non sia considerata uno stato nello stato, e non si comporti come tale. Ho sempre sognato una Chiesa fraterna, che vive la stessa fatica comune del Paese. Del resto, in un documento del Consiglio Permanente della CEI del 1981, “La Chiesa italiana e le prospettive del Paese”, i Vescovi dichiaravano che dalla crisi di allora non si sarebbe usciti «se non insieme». Farebbe bene la presidenza della CEI a riprendere quell'ispirazione  senza aspettare l’intervento del Governo. Sarebbe un segno evangelico e un omaggio alla Costituzione italiana” 

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