mercoledì 2 febbraio 2022

Difesa degli avvocati scritta da un pubblico accusatore Libro, di Paolo Borgna




"Borgna mette in luce la funzione complementare necessaria dell'avvocatura. Si deve tener presente che lo fa sempre nell’ottica del magistrato requirente, dell’accusatore, di quello che dovrebbe essere soltanto una parte privata e basta. Al pari del difensore. Dice che l'avvocato, per quanto assillante, insistente ed a volte soffocante, è il vero antidoto per l'accusa. Quante volte è accaduto di sentire una parte offesa che rilascia una versione agghiacciante di un fatto. Il magistrato si mette subito in attività anche perché colpito umanamente da quella narrazione, da quei contenuti di paura e disperazione. Poi interviene l'avvocato. Che smonta quella versione, o semplicemente ne fornisce una alternativa. Ecco che allora la capacità di istillare un dubbio diviene non solo il contraltare necessario dell’accusa perché ne limita il potere, ma è anche il risultato più eccelso a cui un difensore possa ambire. La capacità non di persuadere i giudici chè resta una cosa difficilissima, ma quella di portare un dubbio. Questo è il vero potere dell’avvocatura rispetto all’accusa. Far vedere le cose da un’ottica diversa."





"Qualche anno fa un pubblico ministero di Torino, Paolo Borgna, scrisse un libro -sulla falsa riga del volume di Piero Calamandrei- che si intitola “Difesa degli avvocati scritta da un pubblico accusatore”... «Tutti i giorni trattiamo il dolore, la vita, gli affetti degli altri. Spesso ne determiniamo il corso. E lo facciamo quasi senza rendercene conto. Questo è inevitabile e persino salutare: non possiamo farci trascinare nel gorgo delle vicende umane di migliaia di vite che il nostro lavoro ci fa incrociare. L’avvocato – con la sua “professione di carità”, con il suo “tener compagnia a chi si trova a tu per tu con il dolore” – è lì a ricordarci quei destini che noi tocchiamo. È lui il tramite tra le nostre carte e la vita degli altri, è lui a portare sulle proprie spalle i grumi di dolore dei propri assistiti, ad assumere su di sé l’urto delle passioni e delle polemiche, a sollevarci da quel peso indicibile».



Il giudice e quel restare «umano» nella legge

Paolo Borgna e Jacopo Rosatelli martedì 11 maggio 2021
Condurre indagini e dispensare giustizia nel rispetto di ruoli e persone, a cominciare dall’imputato. Un dialogo tra sguardi diversi in vista di una riforma sempre più urgente



a)  ho visto, come accennavo, il fenomeno contrario: molti giudici - nello specifico molti giudici delle indagini preliminari - attratti nell’orbita del pm...una tendenza che vede i gip appiattirsi sempre di più sulle richieste delle procure 

b)... è il codice penale a dirci – al suo articolo 133 – che, nel quantificare la pena, il giudice deve tener conto, tra l’altro, del carattere del reo e dei suoi motivi a delinquere, della sua vita antecedente al reato e delle sue condizioni di vita individuale, familiare e sociale... possiamo ben dire che il cercare di conoscere e comprendere la figura del condannato non è espressione di fiacco sentimentalismo bensì di tendenza a una giustizia più umana."


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